A tu per tu con... Don Antonio Mazzi

 
Durante la settima convention della BCC, abbiamo avuto ospite don Antonio Mazzi e ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere a “tutto tondo” con un prete vicino alla gente, vicino alle famiglie, vicino ai giovani, nonché vicino al mondo cooperativo.
 
 
Don Antonio, ci parli della Chiamata: quando e come?convention 1
Sono diventato prete per sbaglio. Pensavo ad altre strade più adatte al mio carattere, come la laurea in lettere, l’accademia musicale e lo sport. L’infanzia e l’adolescenza vissute sul filo della devianza, non offrivano certo garanzie  per una dignitosa  vocazione ecclesiastica.
A 22 anni, però, un disegno molto più grande della mia capoccia, mi ha fatto piombare nel pieno dell’alluvione del Po. Ero, allora, educatore alla Città dei Ragazzi di Ferrara. Assieme ai vigili del fuoco, su barconi traballanti, tra l’urlo sordo e minaccioso delle acque, sono andato a salvare la gente disperata sui tetti delle case.
Quella notte ha cambiato profondamente la mia vita. Guardandomi in faccia ho pensato che un giovane a rischio com’ero, poteva salvarsi solo cercando la salvezza altrui.
E così divenni prete. La domanda compressa di paternità che mi tenevo dentro, ha fatto quello che nessun altra fede avrebbe potuto fare. Da allora ho consumato i miei anni vivendo felicemente tra gli emarginati: da Primavalle (Roma) al Parco Lambro (Milano).
A Milano sono arrivato nel settembre del 1979 per dirigere l’Opera don Calabria  di via Pusiano proprio a ridosso del Parco Lambro. Dalle mie finestre si vedeva di tutto: gente che si drogava, moriva o comunque finiva in overdose. Il parco era, a quell’epoca,  un efficiente mercato della droga frequentato da gente che veniva da tutta Europa. E dal desiderio di dare una risposta valida a questa gioventù disperata che è nato Exodus e da Milano non me ne sono più andato.
 
Come sono cambiati i giovani d’oggi - le nuove leve -  rispetto a quelli di trent’anni fa?convention 2
Numerosi sono i cambiamenti che vedo nelle nuove leve, mi preme sottolinearne due. Il primo è una specie di nuovo analfabetismo. Colpisce i ragazzi che vanno a scuola ma non hanno strumenti adeguati per interpretare criticamente la società nella quale vivono e non sono sufficientemente attrezzati per cogliere i cambiamenti che di giorno in giorno avvengono sotto i loro occhi, non hanno regole precise e quell’autodisciplina necessaria per chi vuole diventare grande.
Il secondo è la traumatica conseguenza del primo: i nostri figli disorientati dalla famiglia sfasciata, dalla scuola analfabetizzante, da una politica miope, si fanno male. Tanto male!
Torno ad alcune mie vecchie fissazioni: l’incapacità dei docenti di essere anche educatori, la burocratizzazione patologica della scuola e l’incapacità delle agenzie educative di proporre esperienze, prototipi e percorsi totalmente diversi.
Solo attraverso una stagione diversa la nostra democrazia  e il nostro popolo maturerà e aiuterà i giovani a riprogettare, nei tempi giusti e con modalità innovative, l’Italia di domani.
 
La famiglia: quanto conta nella formazione di un giovane e quali sono gli errori commessi –immagino spesso in buona fede – dai genitori?
La famiglia è, a mio parere, la principale istituzione  capace di prevenire, frenare, cambiare e formare. I genitori devono ricominciare a parlare con i propri figli. La ricetta potrebbe essere banale, ma è tutto ciò che possiamo fare subito con l’umiltà e l’attenzione di adulti degni di questo nome. I giovani hanno terribilmente bisogno di adulti veri. Spieghiamo loro che cosa significa vita, bellezza, aggressività, sesso, libertà.
Abbiamo impiegato tanto tempo quando erano bambini per farli diventare piccoli uomini e piccole donne. Ora dobbiamo impiegarne altrettanto per tirar via quell’aggettivo molto simpatico ai genitori, ma che non fa più parte della cultura dei nostri ragazzi.
Ciò significa far capire loro quale significato oggi ha essere uomini e donne del terzo millennio. Spieghiamo quanta fatica abbiamo fatto anche noi per vincere nella lotta tra l’istinto che vuole subito essere soddisfatto e la ragione che esige obiettivi, progetti, regole. Non è vero che i nostri figli queste cose non le capiscono. È vero invece che noi adulti su questi argomenti non ci siamo, non vogliamo esserci, abbiamo paura di affrontarli.
 
Tv: pregi e difetti della tv d’oggi…
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Ho sempre più l’impressione che si sta scatenando una guerra santa contro il Satana del secolo: cioè la televisione. Sempre ci sono stati tre partiti che io  specifico così. C’è il partito di coloro che non hanno e non vogliono la televisione in casa perché è l’origine di tutti i mali moderni. C’è il partito di coloro che si fanno le televisioni per loro uso e consumo: le televisioni dei cattolici, la televisione dei leghisti, le televisioni locali, le televisioni regionali, la televisioni degli industriali, la televisione del Cavaliere, le televisioni satellitari ecc…ecc.. …Poi c’è il partito di coloro che dicono c’è la televisione e me la godo, vuoi nel bene e vuoi nel male.
A me non piace nessuno dei tre partiti e voglio inaugurarne un quarto. Poiché la televisione c’è, è nelle case di tutti, è uno strumento potente, quasi onnipotente (tanto da porlo non come quarto potere al mondo, ma primo) ho deciso di entrare in questa televisione, scegliere i programmi più popolari e più seguiti e cercare di fare incursioni per quel tanto che basta, lanciando messaggi- spot, chiari e critici.
 
“C’è da fornire luce e non acqua tiepida” è un altro titolo molto profondo: ma come possiamo fare per fornire luce?
Rispondo con una piccola storiella. Gli aquiloni non possono volare se qualcuno non li sposta dal tavolo di cucina sul quale sono stati costruiti, per portarli su un prato verde e poi liberarli verso il cielo. Che lega il prato al cielo è un leggerissimo filo, tenuto con amore, poesia e fierezza da una mano preoccupata solo che l’aquilone possa andare sempre più in su.
Anche se il filo segnasse il dito come fosse un anello troppo stretto non deve preoccupare. Oggi invece gli aquiloni stanno marcendo sul tavolo di casa perché gli adulti, troppo presi dai loro problemi, non solo si spaventano di farli volare ma sono loro i primi ad accontentarsi dei quattro soldi che la società dà loro alla fine del mese.
Non permettiamo agli aquiloni di accontentarsi dell’acqua tiepida ma sproniamoli per raggiungere la luce e volare liberi nel cielo.
 
Nel suo impegno quotidiano cosa significa “avere senso di responsabilità”?
Tema controverso quello della responsabilità. Personalmente ritengo sia giunta l’ora che le persone si assumano le responsabilità secondo i ruoli che ricoprono. Scaricare, di volta in volta, su altre istituzioni le colpe che tutti dobbiamo sentirci sulle spalle è penoso.
I ragazzi cercano adulti capaci non solo di dettare regole ma di viverle per primi e di testimoniarle nella loro vita. In questo la nostra società è terribilmente in ritardo.
Gli adulti devono avere il coraggio di rimotivare e di riscoprire il senso profondo della loro adultità alla ricerca di quali significati dare alla propria vita e a quella delle generazioni future.
 
A. L.
 
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Chi è don Mazzi
Veronese, classe 1929, dopo gli studi classici e quelli teologici e filosofici viene ordinato a Ferrara sacerdote nella Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, fondata da San Giovanni Calabria a Verona nel 1907.
Già da subito approfondisce gli studi di pedagogia e psicologia dell’età evolutiva e della disabilità frequentando diversi corsi di specializzazione in Italia e all’estero, in particolare negli USA alla Columbia University, in Germania nel Centro di riabilitazione di Heidelberg e in Olanda a HoensbroeK, ecc. Negli anni ha ricevuto diverse lauree ad honorem in pedagogia. Dal 1955 al 1984 è responsabile di diverse iniziative di assistenza e formazione a giovani con problemi, in collaborazione con istituzioni pubbliche e università. Nel 1989, gli viene assegnata la Cascina Molino Torrette all’interno del Parco Lambro (Milano), che diventa la sede dei progetti Exodus e dove tuttora abita, partecipando così in modo diretto all’attività della Fondazione. Negli anni successivi, oltre ad occuparsi della Fondazione, sviluppa diversi progetti, svolge attività seminariali di studio presso l’Università di Cassino ed è sempre in prima linea promuovendo iniziative di assistenza e trasmettendo la propria esperienza e competenza pratica e scientifica. Giornalista professionista, svolge una significativa attività di comunicazione e sensibilizzazione utilizzando svariati “media”.